"Samba"

MARTEDì 3 NOVEMBRE 2015

di Eric Toledano, Olivier Nakache. Con Omar Sy, Charlotte Gainsbourg. Francia 2014. 115’

Un incontro fra due mondi, quello di Samba (Omar Sy), senegalese clandestino che vive in Francia da 10 anni e colleziona lavoretti per sopravvivere, e quello di Alice (Charlotte Gainsbourg), una dirigente d’azienda che dopo un crollo psico-fisico da stress decide di cambiare vita. Lui tenta tutte le strade per la regolarizzazione, mentre lei cerca di ricostruire se stessa attraverso il volontariato in un’associazione. Entrambi stanno provando ad uscire dal loro inferno personale fino a quando, un giorno, i loro destini si incrociano… in una storia che, fra umorismo ed emozione, potrebbe aprire un varco verso la felicità. E se la vita avesse più fantasia di loro?

2 commenti:

  1. La recensione di Enzo Riccò

    “Samba” di Olivier Nakache e Éric Toledano

    Nakache e Toledano, registi del film, ci presentano, come nella loro precedente pellicola (Quasi amici), l’incontro di due mondi lontani. I temi sono impegnativi, ma il tono è leggero, a tratti divertente.
    Alice, giovane donna in carriera, oberata da un lavoro stressante e alienata da una crisi nervosa che le crea ansia e insonnia, e Samba, un senegalese che vive da dieci anni a Parigi come clandestino e che si trova tra le mani un foglio di espulsione.
    Parigi oscilla tra l’essere una Babele, dove stranieri con lingue diverse, cercano comprensione, senza riuscirci, e una grande balena che ingoia, carente di rimorsi, migliaia di persone private di una identità per le dispotiche esigenze di una società nevrotica e consumistica. Non a caso uno dei personaggi - chiave si chiama Giona, con riferimento esplicito al profeta biblico ingoiato da un grande pesce. Ma un po’ tutti sono ingoiati e soffocati da una paura o da un bisogno assillante fonte di angoscia: il terrore di perdere il lavoro e di essere scoperti dalla gendarmeria, il timore di rendere nota la propria identità, l’ansia di riprendere in mano una vita segnata da sicurezze false e arroganti. E anche la paura di rimanere troppo tempo nel limbo carcerario dei centri di identificazione, senza poter realizzare un sogno che è fonte interiore di sopravvivenza. Là dove le paure trovano sfogo nel conflitto diventano, laceranti e distruttive, invece in una prossimità umana discreta si presentano, senza scomparire, meno pressanti, più facili da affrontare.
    Questo farsi vicini in modo progressivo e rispettoso, quasi in punta di piedi, ricorda fortemente “l’addomesticamento” del Piccoli Principe, dove la prossimità avviene nel rispetto di una alterità quasi sacra.
    Il tema della distanza e vicinanza si intreccia in questo film, in modo proporzionale, alla perdita e alla ricerca di una identità. Una mancata identità anagrafica nei clandestini dai mille nomi e una debole identità psicologica in Alice, che vuole aiutarli.
    Più volte viene esplicitato, nella recitazione che, per la sicurezza personale, bisogna mantenere le distanze, ma questo imperativo categorico viene smentito dalla prassi; il cammino verso l’altro riporta ad una ricentratura sul sé, ad una nuova percezione e rilettura del proprio vissuto esistenziale. Diversi e significativi sono gli abbracci presenti nelle scene, segno di una distanza che viene colmata da un riconoscimento gratificante.
    Una breve metafora, narrata dall’anziano zio di Samba, esprime la speranza, più o meno nascosta, di tutti i personaggi seduti attorno ad un tavolo. E’ il desiderio di non morire incantati e abbagliati da illusori sogni di una città ingannatrice, come succede agli insetti effimeri che sbattono contro le fonti di luce durante le sere piovose africane.

    Enzo Riccò

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  2. Mi è molto piaciuto!

    Roberto

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